Lycanthropy ma soprattutto "Wind in the wires" è meraviglioso. Patrick sa coniugare molto bene la tradizione con l'avanguardia come fosse un moderno menestrello, spaziando dai richiami celtici all'elettronica futurista. Per me "Wind in the wires" (composto da Patrick in uno chalet sulle coste della Cornovaglia) per ora rimane il suo capolavoro, ma non ho ancora ascoltato il suo nuovo (uscito lo scorso giugno) "The bachelor". Leggendo questa recensione di un concerto che ha tenuto la settimana scorsa, non posso far altro che pentirmi di non esseci stato.
Patrick Wolf @ Sexto 'Nplugged, Sesto al Reghena
Per chi vive la musica con passione, per quelle persone per cui la serata ideale è girarsi l'Italia a vedere concerti o comunque dedicare una grande parte della propria esistenza a questa grande arte, quello che si sta per raccontare non è una grande novità. Meglio mettere le mani avanti: si parlerà di sensazioni che non puoi trasmettere via carta, reale o virtuale che sia. Nessuna penna, nemmeno la più raffinata potrebbe descrivere la magia che capita ogni tanto quando si assiste ai live. Esistono infatti concerti di poco conto, concerti buoni, concerti superbi e concerti... Beh, magici forse.
Per chi scrive potrebbero essere stati in passato gli Arcade Fire a Ferrara, con il pubblico a proseguire all'unisono lungo tutta la pausa prima dei bis le note di 'Rebellion (Lies)' in un'immersione collettiva comprensibili solo a chi era presente. O i Radiohead, quando parte 'Exit Music' e per un tacito accordo la piazza diventa più silenziosa di una metropoli desolata e rimane solo la voce di Thom Yorke tra migliaia di persone. Oppure, anno 2009 della definitiva consacrazione di Patrick Wolf, a Sesto al Reghena, non lontano da Pordenone.
Già i primi passi regalano la sensazione di essere sbarcati lontano, in questo paesino di 6.000 abitanti, volontari che ti accolgono dentro ad una piccola piazza cortile di questo sobborgo dall'aria medioevale, con una torre illuminata ad accogliere sotto di sé il palco su cui solo quest'anno si sono esibiti anche Calexico e Nicola Piovani. Sedie di plastiche, tavolini con le birre appoggiate sopra, qualche centinaia di persone (difficile stabilirne la capienza totale) sedute e altre in piedi in fondo alla piazza.
Sono le nove e mezza scarse quando entrano sul palco i Cranes, che non conosciamo se non di nome. Piacevole sorpresa: una cantante deliziosa, Alison Shaw, dalla voce (e dai modi) dolce e quasi infantile, su un tappeto di chitarre per la maggior parte acustica e una batteria (elettronica) a tratti d'accompagnamento a tratti potente e in primo piano. A leggerne le recensioni si trovano molti riferimenti e vicinanze ad un dark pop in stile Cure, ma in questa veste quasi acustica sono molti meno gli accenni all'oscuro e molto di più quelli della luce: la voce eterea della cantante, il clima rilassato sul palco ci regalano un'oretta deliziosa.
Poi incomincia il live che un po' tutti aspettano. Un po' perché (lo dice lui stesso, scusandosene) è un po' che non viene in Italia, un po' perchè 'The Bachelor' si è rivelato un disco strepitoso, un po' perché l'idea di Patrick Wolf, piccolo genio ventiseienne londinese, in versione solo piano fa presagire una occasione se non unica, piuttosto rara. Un solo piano per metà, perché lo stesso Wolf suona altri strumenti a seconda dei pezzi (violini, chitarre) e si fa accompagnare da una fantastica violinista.
Succede piano piano. L'inizio, in italiano, la scaletta che spazia su tutti e quattro gli album, il crescente dialogo con il pubblico che aumenta pezzo dopo pezzo i propri applausi (finirà in ovazioni più simili a certe opere teatrali). Scorrono tutti o quasi i pezzi più belli, da 'Wind In The Wires', ad una meravigliosa 'Bluebells', ad una 'Augustine' decisa in comune accordo con il pubblico (vola qualche lacrima di commozione). Su tutti, al di là della incredibile abilità compositiva, spicca la voce e finito il concerto siamo ancora lì a chiederci se scherzasse quando si è scusato per la voce bassa, che si rivela invece potente e decisa, intensa, anche più che su disco.
E così accade che questo piccolo folletto biondo e alto, vestito in maniera da ricordate Peter Pan, riesca a creare quell'alone di magia, tanto che spesso non vengono molte parole da dire al termine di una canzone. Al massimo un'occhiata, un sorriso, un cenno di approvazione. Un'ora e mezza (almeno pare) con un momento a guardare la luna a mezzanotte e il cantante che si diverte a invocare le campane dalla torre che non suoneranno, mentre parla della meravigliosa location e di come voglia ritornare al più presto in Italia.
17 pezzi senza pause. C'è chi lo segue (come chi vi scrive) da 'Licantrophy', primo album del 2003 e chi l'avrà conosciuto per quella 'The Magic Position' che chiude il concerto nella sua gioiosa e divertita autoironia. Ma, come già qualche anno fa, confermiamo questa impressione: questo ragazzo è un genio e tra qualche decennio verrà ricordato. Se si ha la sensazione che manchi qualcosa in questo report, beh sono quelle sensazioni di cui si parlava all'inizio. Non perdete le prossime occasioni di sentirlo dal vivo.