Recensione di "Consider The Birds" 2004
genere: folk-rock
(ondarock)

Dei Grant Lee Buffalo insabbiati nella perdizione del primo Nick Cave e nello psicotico tormento interiore dei Gun Club, questi erano i 16 Horsepower, eccezionale formazione del sottobosco alternative country americano, capitanata dalla figura carismatica di Dave Eugene Edwards, predicatore allucinato di un'America passata, una della tante descritte, la sola possibile. Woven Hand è il suo progetto solista, al terzo affascinante capitolo, come al solito crogiuolo di roots rock e suoni classicamente moderni, impeti e afflizioni.
Quella di Edwards è una scrittura fortemente visionaria, alla stregua di Nick Cave, meno verbosa sicuramente, anche perché supportata da suoni a volte cinematici e lussuriosamente profetici, narratori di un'apocalisse interiore , stupefacenti nella loro capacità di fissare l'attimo e veicolare il senso etico/estetico dell'autore, in un flashback cortocircuitato di moderno e antico.
Se "Blush Music" aveva rappresentato la deriva sperimentale di Wovenhand, nelle vesti di una musica cupa e atmosferica, con "Consider The Birds" si torna a una forma più strettamente cantautorale, dove il pianoforte risulta spesso protagonista, conferendo al sound quell'aura di classicità propria dei grandissimi artisti.
Le composizioni sono pervase da una tensione che a volte esplode, a volte rimane implicita, ma è sempre la declamazione profetizzante di Edwards a rubare l'orecchio, così caratteristica, così affascinante nella sua particolarità di essere passionale e doomy allo stesso tempo. E allora se "Sparrow Falls" non si discosta tanto dalle cavalcate folk dei 16 Horsepower, se "To Make A Ring" stordisce nella sua veste di alienata danza pellerossa, "Chest Of Drawers" è l'epitome della desolazione , triste e rassegnata con versi come: "Go in the lord house/ go I a mile/ the world will bow/ the knees will be broken for those who don't know how".
"Bleary Eyed Duty" può tranquillamente aspirare al titolo di canzone dell'anno, pseudo-romanza dark di un tormento amoroso, suoni fluidi e rintocchi atmosferici, alla maniera di un Barry Adamson della provincia americana, e la narrazione di Edwards in parole che echeggiano come un ammonimento. L'incedere maestoso di Johnny Cash è li dietro l'angolo.
I classici americani e non sono liofilizzati nella musica di Wovenhand, così come in "Down In Yon Forest", che in un gioco di rimandi e citazioni appare come la trasfigurazione rock delle maestose composizioni di Ennio Morricone, alla maniera dei grandi Wall Of Voodoo.
Ancora altre canzoni, ancora altre storie, ma è difficile descrivere la bellezza accecante di questo disco, il perverso mondo filosofico di Edwards. Nessuno oggi può vantare la sua potenza visionaria, e se in giro c'è qualche specchietto per le allodole, passate oltre. Per chi vi scrive, è Dave Eugene Edwards il più grande cantautore americano degli ultimi dieci anni.
voto: 8/10
Posseggo solamente questo tra i loro cd, che straconsiglio ovviamente.. secondo me sono validissimi!
