Una recensione dell'album
What Sound del 2001.

E’ vero che nella stragrande maggioranza dei casi la pubblicità agevola la notorietà di un musicista, ma è anche vero che il più delle volte, in queste circostanze, l’abilità e la completezza di un’artista si apre e si chiude in quei pochi secondi di spot. Accrescere il valore del proprio lavoro con ulteriori brani di accezione nettamente superiore, oltre alla melodia facilmente vendibile beh, non è certo faccenda ordinaria! Anche se con una veste decisamente più morbida e trip-hop, le due creature celesti di Manchester triplicano il colpo, e con la finezza e l’eleganza elettronica di “What Sound”, prendono in prestito l’anima dell’ascoltatore per farsi un giro verso sterminate regioni angeliche o per concederle purificanti immersioni acquatiche. Dieci brani, comodamente accessibili ma dall’inclinazione fortemente umorale, che scorrono in molto meno di un’ora, costringendoti ad un ingordo ed instancabile re-play, dedito ad un riconoscimento quasi solenne di “Quel Suono” dal dominante potere ipnotico ed immaginativo. Tastiere, effetti e timbro etereo non perdono grazia e delicatezza neanche in quegli esigui episodi più marcatamente dance e drum’n’bass, lasciandosi piacevolmente contaminare da insinuanti atmosfere funkeggianti o in alcuni casi addirittura tribali. Ancora? Un album che messo tra le mani di un ottimo coreografo amplifica il suo livello di incantevole bellezza. Provare per credere!