Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

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Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Fanny » ven lug 18, 2008 9:48 pm

Vi lascio la recensione a Með suð da RollingStone n.17, luglio 2008.

Senza più riverbero.
Di Franco Capacchione.

Parte Gobbledigook, la prima traccia, e ti dici: ho sbagliato, dovevo prendere il nuovo dei Sigur Rós e invece ho tirato su un inedito degli Animal Collective. Atmosfera ispano-gitana, chitarre acustiche, percussioni che sembrano moltiplicate per mille (come essere su un carro di carnevale a Rio), un "la-la-la-la-la" felice. Suoni corposi, forti, definiti. E tutto, ogni particolare così concreto, solare, gioioso. Eppure quella voce è Jon "Jónsi", proprio lui che canta (immagino) sorridendo. Magnifica. E' il pezzo scleto per il primo singolo ed è totalmente spiazzante. Spiazzante ovviamente per le aspettative (oniriche) che riponi in un nuovo lavoro della band islandese. Poi la seconda traccia: piano percussivo, ossessivo, in bellissima evidenza. Ancora un suono secco, lì, a un passo dal tuo orecchio, senza effetti di riverbero ad allontanarlo nel tempo e nello spazio, a renderlo un ricordo già mentre lo ascolti. Entra la voce e sembra di essere rituffati in una meraviglia Madchester alla Stone Roses, quelli del primo disco, il classico.
Poi, nella coda finale, Jon trasforma il canto in una filastrocca. E ricompare il segreto di tanta affezione alla musica dei Sigur Rós: un mood infantile, la sensazione di regredire a un tempo irresponsabile e felice della vita. Dalla terza in poi, le cose tornano sui binari conosciuti: si recuperano i tempi lenti, le pause riflessive tra una nota e l'altra che fanno la gioia (o eventualmente il dolore) di chi ascolta. Si recupera quello straordinario coraggio che hanno i quattro cavalieri islandesi nel non temere di giocare con il kitsch, con l'enfasi, con il romanticismo privo di ogni ironia. Nel gioco tra tensione e rilassamento, le esplosioni sono pazzeschi arrangiamenti orchestrali e incredibili cori di voci bianche: contribuiscono ai "pieni" la London Sinfonietta e il London Oratory Boy's Choir. Tutto melò, ma è come dire che i film di Douglas Kirk sono zucchero che caria. Insomma: un po' di rispetto...
E quel titolo dell'intera opera che tradotto da noi vuol dire "Con un ronzio nelle orecchie suoniamo all'infinito". Un titolo bellissimo: una visione, una sensazione, una guida all'ascolto. Hanno registrato anche fuori dalla loro isola felice, pure all'Havana, con Flood
a coprodurre, a dare peso sonico al tutto. Bravi. Vi aspettiamo live, a metà luglio.

P.S. Spero di aver postato nella sezione giusta ^^'
Fanny
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda carlomatt » lun lug 21, 2008 12:05 pm

Che fastidio queste recensioni dove coloro che raccontano un disco devono trovare delle somiglianze con altri pezzi, altri artisti, altra musica ragionando come assaggiatori di vino che dopo una sorsata ti trovano profumi di fragole, di liquirizia, di avena e idiozie simili!
Questo genere di recensioni sono solo masturbazioni mentali di pseudoesperti che non devono raccontarti un disco (cosa sinceramente impossibile visto che ognuno ascolta in base alla propria sensibilità e gusto musicale) ma devono sbatterti in faccia la loro enciclopedica cultura musicale, fatta soprattutto grazie a concerti visti senza pagare il biglietto.
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Odile » lun lug 21, 2008 12:25 pm

Daccordo con Carlomatt...
Per il resto, potremmo raccogliere le recensioni degli album all'interno della discografia, che ne dici capo?
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Vero » lun lug 21, 2008 5:23 pm

D'accordo con entrambi! Nella discografia mi sembra il luogo migliore dove mettere le recensioni.
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Andy » lun lug 21, 2008 7:21 pm

sì sì, infatti avevo messo un post "Recensioni" ma in riferimentoai concerti, per gli album direi di metterli nella discografia.

Decidiamo un po' come impostarlo, tenendo conto che dobbiamo mettere le nostre schede degli album e le recensioni.
Potremmo fare che lasciamo come è ora e, all'interno di ogni scheda, mettiamo il link alla pagina delle recensioni. In più vedo se riesco a mettere un sottolink, che si apre tipo ad alberello dalla voce DISCOGRAFIA con scritto Recensioni, e cliccandolo si arriva ad una pagina diciamo parallela con i link alle recensioni divise album per album.
O possiamo fare un unico link dal menu, come ora, che rimanda ad una pagina e qui 2 opzioni:
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Andy » sab ago 02, 2008 12:09 pm

ecco a voi un'altra recensione, a mio avviso, mediocre. Questo almeno, non sembra un saccentello... ma uno che dei Sigur sa solo che sono "un gruppo strano". Cerca delle chiavi diletura, ma mi sembrano banalucce.

da Rockol.it

La sorpresa, almeno quella apparente, arriva leggendo l'ultimo titolo della tracklist, o sentendo l'ultima canzone: i Sigur Ros cantano in inglese. In realtà “All right” è tra le meno belle del disco, è appena sussurrata e poco importa che sia cantata in inglese, islandese o una lingua immaginaria. I Sigur Ros hanno costruito buona parte della loro originalità proprio sul trattare le parole come suoni, non come significati. Mettersi non solo a “sentire” ma ad “ascoltare” le parole delle loro canzoni, come questa permette di fare anche a chi sa un po' di inglese, toglie un po' della magia.
La vera sorpresa non è neanche che i Sigur Ros pubblicano un nuovo disco senza quasi annunciarlo, a pochi mesi da “Hvarf/Heim” (che però non era un lavoro inedito). La vera sorpresa è che i Sigur Ros hanno deciso di portare la loro magia verso nuove sonorità. Qualcuno ha anticipato che questo è un disco più pop. No, è solo un po' più allegro e fricchettone, come i ragazzi che corrono nudi sulla copertina: i ritmi sono più sostenuti (ma non sempre, perché non mancano i brani ultra dilatati come “Festival”, o “Ara batur”), l'impasto sempre avvolgente, ma più diretto, come nel singolo “Gobbledigook”. Un disco che definire pop è eccessivo, ma è siucuramente meno autunnale e più estivo: della bella stagione, più che ritmi da spiaggia, ha quella piacevole indolenza rilassata di una giornata passata all'aperto.
Li si ama o li si odia, i Sigur Ros. Ma è fuori dubbio che se vi mettete a ragionare sugli artisti che negli ultimi anni hanno prodotto musica davvero originale, che non assomigli a questo o a quello, il loro nome è uno dei primi a venire fuori. Questo album dall'impronunciabile titolo ("Með suð í eyrum við spilum endalaust" in italiano significa "Con un ronzio nelle orecchie suoniamo all’infinito") è sicuramente un passo in avanti per questa band, che non smette di provare a trovare nuove soluzioni per una musica originale.

(Gianni Sibilla)

http://www.rockol.it/recensione-3731/Si ... -ENDALAUST
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Odile » sab ago 02, 2008 1:35 pm

Ma come All Alright è tra le meno belle del disco????
Io la trovo commuovente, ed è una delle più belle canzoni d'amore che abbia mai ascoltato!
Il tizio ha le fette di salame sulle orecchie!
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Fljotavik » dom ago 03, 2008 4:44 pm

Eccovi la recensione di ondarock a cura di Raffaello Russo.

Quali percorsi può intraprendere una band che, nel corso di un’attività ormai duratura, ha definito una propria fisionomia artistica unica e riconoscibile?
Qualunque sia la scelta adottata nel ristretto ventaglio di opzioni costituito dall’alternativa tra perseverare su un’impronta già consolidata e introdurvi variazioni più o meno significative, la band in questione andrà inevitabilmente incontro a disapprovazioni o, quanto meno, a un affievolimento dell’entusiasmo della critica e fors’anche dei suoi sostenitori.
È un po’ il destino dei grandi, “colpevoli” di aver già creato qualcosa di straordinario; ed è un destino al quale, di conseguenza, non sfuggono i Sigur Rós, che dopo i due autentici capolavori “Ágætis Byrjun” e “( )” sembrano voler percorrere entrambe le strade sopra delineate: la prima già messa in pratica nel fin troppo sottovalutato “Takk…” e la seconda adesso, in questo nuovo “Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust”, quinto album effettivo della band islandese.

Frutto della collaborazione – fortunatamente non troppo invasiva – con il produttore Flood, e registrato in diverse location in giro per il mondo, da Reykjavík fino a Cuba, “Con un ronzio nelle orecchie suoniamo all’infinito” (questa la traduzione del suo lungo ed emblematico titolo) è in realtà un album sospeso tra il passato e il presente della band, ma è anche una collezione di spunti artistici piuttosto diversi tra loro, sul cui effettivo seguito futuro si possono oggi soltanto costruire ipotesi. Gli elementi di novità sembrano tuttavia più numerosi dei retaggi di “conservazione”, così come testimonia la stessa struttura dell’album, che si può a grandi linee suddividere in tre parti, delle quali due presentano Jónsi Birgisson e compagni in vesti sonore più o meno nuove, mentre una tende a perpetuare le stesse caratteristiche di fascino e coinvolgimento emotivo tipiche delle precedenti opere della band.

La prima parte del lavoro è fortemente spiazzante, e mostra da subito i Sigur Rós sotto una prospettiva quasi del tutto inedita, ammantando le loro melodie soffuse ed eteree di una solarità inconsueta e di una vena pop mai così spiccata.
L’iniziale “Gobbledigook” si presenta con un drumming insistito e accenti ritualistici, che sottolineano nuovamente il legame della band con l’ancestralità islandese, a supporto di un folk-pop psichedelico, completato da cori sghembi e da una melodia solare e dall’effetto trascinante. In questo e nei tre brani successivi, i Sigur Rós dischiudono un mondo nuovo e colorato, ove le canzoni presentano forme definite e persino il cantato di Jónsi acquista una decisione e una linearità finora sconosciute, quasi come se il suo animo si fosse liberato di un peso e potesse cantare spensierato, sotto tiepidi raggi di sole. Strano a dirsi, sono queste le immagini evocate dal primo segmento del lavoro che, ad eccezione del passaggio acustico e cullante di “Góðan Daginn”, si attesta su toni giocosi e incalzanti, sublimati da “Við Spilum Endalaust”, popsong da far invidia ai Coldplay, contraddistinta però dal marchio di fabbrica dei Sigur Rós nelle sue progressive aperture armoniche e nell’esito magnifico di un finale tutto archi e vocalizzi.

Superato il comprensibile disorientamento dei primi brani, la parte centrale dell’album riporta invece al registro più classico della band, con tempi dilatati e con il consueto cantato etereo, dolcemente stillato su un avvolgente tappeto d’archi, il cui inesorabile e in parte prevedibile crescendo anticipa, in “Festival”, l’irrompere della batteria e dei cori e l’unico impetuoso finale elettrico presente nell’album. Sulla medesima scia di continuità, ma secondo modalità ben diverse, si colloca la parallela “Ára Bátur”, brano pacato e toccante, con la sua sottile malinconia che corre sul pianoforte compassato ed emozionante di Kjartan Sveinsson per poi sfociare in una romantica elegia, innalzata al cielo dalla solennità anthemica degli archi.

È il preludio al terzo segmento del lavoro, quello più intimo e raccolto, in cui Jónsi assurge a protagonista assoluto, dimostrando con la semplicità di voce, chitarra acustica e pianoforte – inframezzata dal pensoso interludio di ambient orchestrale “Straumnes” – che l’incredibile capacità comunicativa innegabilmente riconosciuta ai Sigur Rós, può fare a meno persino delle travolgenti cavalcate elettriche per conseguire un effetto parimenti “emotivo”. Non troppo distanti dalle riletture acustiche comprese in “Heim”, da questi ultimi brani “da caminetto” traspare, infatti, una pienezza di sentimento ancora una volta unica, che consacra il ritrovamento di quell’indole notturna e di quella fragile malinconia abbandonate, ma solo per un attimo, nella prima parte dell’album.

La struttura tripartita del lavoro, tanto palese da essere stata certamente congegnata di proposito, rispecchia senz’altro il processo di trasformazione in atto, tra passato, presente acustico e ipotizzabile dimensione pop futura. Altrettanto studiato anche dal punto di vista compositivo, “Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust” riesce tuttavia a bilanciare la prevalente levigatezza dei brani con l'istinto e l'abituale forza interpretativa che, anche in quello che potrebbe essere reputato come un classico album di transizione, regala almeno un brano da amare e ricordare per ogni terzo dell'album. Ben venga, allora, questa transizione, se concretizzata in fulgidi esempi di versatilità del calibro di “Við Spilum Endalaust”, “Ára Bátur” e “Fljótavík”, e più in generale nell'ennesima, (superflua!) dimostrazione che la magia irripetibile, creata sin qui dai Sigur Rós, non risiedeva soltanto nella chitarra suonata con l'archetto e nelle pur mirabili impennate emotive.

(21/06/2008)
voto: 7/10

http://www.ondarock.it/recensioni/2008_sigurros.htm
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Andy » dom ago 03, 2008 9:07 pm

Aggiunta
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[/url]
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Re:Recensione - Með suð í eyrum við spilum endalaust

Messaggioda Fljotavik » mar ago 05, 2008 4:55 pm

Grazie Andy! Quando posso cerco e posto anche le recensioni degli altri album!
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