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Tutte le notizie ufficiali e non sulle Amiina

Recensioni

Messaggioda Fljotavik » lun giu 29, 2009 1:31 pm

Amiina – Kurr (Ever / Audioglobe, 19 giugno 2007)
di Edoardo Bridda di sentireascoltare.com

Un quartetto d’archi islandese, di Reykyavik e dove sennò? Formato da sole ragazze, qui la novità. Una gavetta a fianco degli innominabili di Takk e poi via, a tre anni di distanza dal varo, il marchio Amiina è una realtà e non suona proprio uguale ai nomi che non si possono dire (più). Anzi, pensate a quel vecchio fantasma per trentottenni chiamato Penguin Café Orchestra e calatelo nel mondo delle produzioni bedroom di questi anni (Rugla). Pensate a Jens Lekman cuor di panna e rugiada Patrick Wolf e fateli evaporare un po’ con l’accendino.

In pratica, le ragazze fanno chamber music fatata vicina alle Cocorosie ma più umile: una tastierina zucchero a velo e un bel po’ di suonini da mondo delle favole (xilofoni e glockenspiel), fiammelle ad arco, gelatina di chitarrine e una marea di altri oggetti sonori, espedienti-ingredienti di un qualcosa a metà tra il magico-Newsom e il déjà-vu di genere. Un album che pare pensato elettronico e suonato acustico. Una collezione di tracce che sa essere dotta ma alla formalità preferisce una sottile riscoperta del folk purista dei Settanta (Kolapot). Beninteso, non ci sono che (pochi) accompagnamenti vocali e mai testi, come dire che dalla campagna ci s’addentra in silenzio nel bosco (Hilli) ad ammirar le stelle (Boga) e senza andar troppo lontano. Hildur Ársælsdóttir, Edda Rún Ólafsdóttir, Maria Huld Markan Sigfúsdóttir e Sólrún Sumarliðadóttir (dove quel dóttir che trovate sempre nei cognomi islandesi vuol dire “figlia di”, quindi figlia di Sumarli, di Olafs ecc.), cercheranno di far comprendere alle generazioni nate dai Settanta che il magico è questione di volerlo vedere? Che basta poco e non servono i cartoni giapponesi e nemmeno Candy Candy? Ne prendiamo atto: difficile e coraggioso emozionare con queste premesse e Amiina poi non è poi così ebete: tinge paesaggi oltre il bucolico con Lori per dire – tastiere, campanellini, batteria rullante e spezzata – s’incammina per calle tra fumi e lanterne, in Blafeldur, intona una fanfara triste come di addio ai propri cari. Insomma, non è proprio il caso di fare i cretini, anche se qualche cosina un po’ così così c’è (Sexaldur). Questione di voler vedere il neo quando c’è un metro e mezzo di pelle chiara come il latte però. Che poi, volete mettere con quelle pizze della Resonant?

(7.0/10)
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Amiina – Kurr
Articolo di: Simone Broglia Del 12/07/07 di mescalina.it

“Kurr” è l’album d’esordio per il quartetto islandese delle Amiina. Negli anni passati avevano fatto uscire un paio di Ep e soprattutto si erano presentate come gruppo d’apertura per i Sigur Ros.
Lo stile delle quattro in effetti ben si sposa a viaggiare ed anticipare i Sigur Ros nei concerti, anche se l’utilizzo dei suoni-ambientazioni nelle Amiina è ancor più forte.
Incredibile è l’elenco degli strumenti utilizzati per la realizzazione: arpe celtiche, metallofoni, cristallarmonio, xilofoni, glockenspiel, harmonium, campane, arpa da tavola, kalimbe, cuadros, celeste, harpsichords, Rhodes piano, sintetizzatori, trombe, tromboni, tube, clarinetti, batteria, viola, violoncello, violino. Ovviamente, dal vivo come in studio, vi è l’utilizzo del computer per effettuare i campionamenti.
La musica delle Amiina è sognante, onirica, fiabesca, ha certamente la capacità di spostare l’ascoltatore e la sua mente verso situazioni e immagini prodotte da un flusso di coscienza. Ovviamente oltre al lato più legato all’emozionalità dei brani vi è anche la componente tecnica: la ricerca dell’arrangiamento, le melodie molto spesso lineari e coinvolgenti, la delicatissima sezione ritmica che, come si può vedere dagli strumenti citati, si basa quasi essenzialmente sulla percussione di lamelle metalliche (xilofono, la kalimba e la celesta) che portano verso sonorità sottili, penetranti, ma senza creare spigoli nel suono.
Dopo i primi tre brani, tutti interessanti e che invogliano a proseguire nell’ascolto, si passa a “Seoul”, un brano che a mio parere racchiude un po’ quello che abbiamo potuto dire fino ad ora: l’attacco è in qualche modo essenziale, gli strumenti a lamella metallica seguono una successione melodica minimale e ripetitiva che porta l’ascoltatore in un circolo. La scansione ritmica è battuta ma si sente lontana, l’intervento dello xilofono rende più complessa la melodia fino al crescendo della parte ritmica e l’intervento degli altri strumenti, da cui sembra spiccare un flauto, che chiudono il brano.
“Kurr” è un buon disco, a volte potrebbe spingere di più sotto l’aspetto sperimentale, andare alla ricerca di una maggiore complessità melodica, ma si deduce che questi non sono gli intenti delle quattro di Reykiavik.
Il risultato è comunque quello di una successione di brani, delicati e ovattati, che compongono e ricoprono la stessa atmosfera in cui si propagano. Sono spesso rarefatti come l’aria che si respira in Islanda e spesso si somigliano ciclici come le correnti, sono rare le eccezioni ma ci sono, come la magnetica intro e sviluppo di “Lòri” oppure “Balfeldur”, il penultimo dei brani, dove l’arrangiamento e i suoni acquistano un’estetica, nell’utilizzo delicato dei fiati, simile a quella della Poliphonic Spree.
Si rimane comunque ad ascoltarli con piacere, avvolti nei loro suoni.
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Amiina – Kurr
Di Luca Devito; il giudizio di indie-rock.it: 7/10
GENERE: contemporanea, ambient, minimale.

PROTAGONISTI: Hildur Ársælsdóttir, Edda Rún Ólafsdóttir, Maria Huld Markan Sigfúsdóttir e Sólrún Sumarliðdóttir. In 'Blafendur' sono ospiti Ingi dei Benni Hemm Hemm e Orri Ólafsson dei Sigur Ros.

SEGNI PARTICOLARI: dopo 2 EP autoprodotti, 'Aminanima' e 'Seoul', e un seguito di pubblico accumulato come quartetto d'archi nel corso di 7 anni di tour mondiali nella line up dei connazionali Sigur Ros, arriva finalmente l'atteso esordio discografico di questo strano collettivo femminile. In realtà le 4 ragazze non suonano soltanto violini e viole, ma sono tutte polistrumentiste, dote che nel disco hanno saputo evidenziare con maestria e abilità.

INGREDIENTI: per capire quali sono le sonorità in questione basterebbe pensare ad uno qualsiasi dei dischi dei Sigur Ros epurato della sua parte più elettrica, più progressiva e talvolta rumorosa, ma alla fine ci mancherebbe ancora qualcosa per offrire un'idea obiettiva. Poi ci si ragiona un attimo è quel qualcosa è l'immenso banco sonoro che le Amiina portano attivamente nella dimensione live degli stessi Sigur Ros, e che finisce inevitabilmente per essere non solo il loro elemento di differenza, ma anche la loro caratteristica più concreta. Compaiono infatti carillon, giocattoli per bambini, trombe, chitarre, arpe, vibrafoni, campionatori nonché una serie di marchingegni e cianfrusaglie usati a mò di strumenti, che comunque rendono il disco ben assemblato e mai dispersivo.

DENSITA' DI QUALITA': l'ensemble è ovviamente caratterizzato dalla più genuina ispirazione nordica, che ad oggi meriterebbe di venire considerata come una vera e propria scuola, sulla falsariga delle grandi scuole dell'arte contemporanea del XX secolo. Tra le 12 tracce, vanno sicuramente evidenziate 'Rugla', 'Hilli' e la sopraccitata 'Blafendur'.

VELOCITA': lenta, avvolgente, onirica e rilassante.

IL TESTO: nel corso del disco si ascoltano poche frasi, ripetute più volte, e spesso verso la fine; 'Rugla', che in italiano si può tradirre con 'Urlo', ripete all'infinito il verso: "Sono un grido / un grido nell'estate".

LA DICHIARAZIONE: "La genesi dei nostri pezzi è lunga, perchè spesso utlilizziamo strumenti che non sappiamo suonare ed il brano diventa un'occasione di apprendimento; ma siamo anche molto disciplinate, e quando sentiamo qualcosa che ci convince diventa subito il punto di partenza di quello che cercheremo di sviluppare dopo."

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Amiina – Kurr
Autore: Daniele Guasco di rocklab.it

Penso di essere ben poco originale ad avere conosciuto le islandesi Amiina grazie al tour in cui aprivano le date dei Sigur Ros qualche anno fa. Quel che conta però è che le ottime impressioni avute in quei concerti vengono totalmente confermate e ampiamente migliorate in questo disco.
La prima cosa che mi ha colpito di 'Kurr' è l’atmosfera che le quattro ragazze riescono a creare grazie alle loro caldissime sonorità; un clima accogliente, domestico, come il letto caldo nelle domeniche mattino d’inverno quando puoi restare a dormire. Tra archi, glockenspiel, tastiere e altri strumenti le Amiina creano semplici dolcissime melodie dando all’ascoltatore un senso di quiete, portandolo a uno stato di calma felice splendido. La forza di 'Kurr' sta nei particolari, in quelle piccole parti melodiche che spiccano all’interno dei brani diventandone protagoniste, basta ascoltare i violini di Rugla per rendersene conto, ingredienti essenziali di piatti prelibati che rimangono in mente già dalla prima degustazione per poi ripresentare sempre lo stesso piacere anche nei successivi incontri.
L’esordio su lunga distanza delle Amiina si rivela una promessa completamente mantenuta, un disco che nulla ha da invidiare agli altri lavori del genere, a quei dischi provenienti dall’Islanda dedicati a atmosfere sognanti e al tepore dei suoni piccoli e rarefatti. 'Kurr' è un album tanto tranquillo quanto solare, luminoso nella sua grazia e nella timida educazione con cui va a deliziare l’ascoltatore. Bravissime!
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Re: Recensioni

Messaggioda Fljotavik » sab ott 17, 2009 2:53 pm

Breve recensione dell'EP "Re Minore" di http://www.rockshock.it/amiina-re-minore/

In attesa dell’uscita del loro secondo lavoro, previsto per i primi mesi del nuovo anno, le Amiina tornano a deliziarci ani(i)ma e corpo con Re Minore, terzo ep interamente scritto, composto e suonato da loro con la complicità dei suoni sintetici ed elettronici di Kippi Kaninus e della batteria di Magnús Maggi Trygvason Eliassen.

Conosciute ed apprezzate da pubblico e critica soprattutto come quartetto d’archi di supporto ai ben più affermati Sigur Rós, le quattro ragazze islandesi (Sólrún, María, Edda e Hildur, i cognomi ve li risparmiamo…) sono riuscite a ritagliarsi nel tempo un proprio percorso musicale autonomo e personale, una propria cifra stilistica che le ha portate ad affrancarsi dal ruolo secondario di appendice, sicuramente riduttivo e penalizzante.

Stampato in sole 500 copie ed acquistabile unicamente sul sito della band, in Re Minore i (pochi) archi che si ascoltano ben si amalgamano con un’elettronica leggera, infarcita di tintinnii orientaleggianti, gocce di glockenspiel e xilofoni sinuosi. Scanditi dal ritmo umano della batteria, i tre brani sembrano sospesi nel tempo, eterei ma ben legati alla terra (d’Islanda). Le atmosfere dilatate evocano scenari fiabeschi eppure inquietanti, carichi di uno strisciante senso di malinconica attesa che ne accresce il fascino. Se il buongiorno si vede dal mattino…
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Re: Recensioni

Messaggioda Fljotavik » sab gen 09, 2010 1:42 pm

Recensione di Re Minore di The Silent Ballet
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