
Uno dei meriti maggiori già più volte riconosciuto tra i tanti riconducibili a Manfred Eicher e all'etichetta discografica da lui fondata, la ECM, è sicuramente la scoperta e la valorizzazione del compositore estone Arvo Pärt, oggi universalmente considerato tra i massimi autori contemporanei e presente in tutti i principali programmi concertistici delle più importanti istituzioni musicali internazionali. Ma fino al 1984, anno in cui veniva pubblicato Tabula Rasa, album che inaugurava la collana ECM New Series, oltre che la pubblicazione discografica delle sue opere al di fuori dei paesi dell'Unione Sovietica, era praticamente uno sconosciuto. Quel disco ebbe l'effetto immediato di porlo all'attenzione di pubblico e critica, dando inizio a un rapido riconoscimento di portata mondiale, caso abbastanza inconsueto in ambito accademico. Oggi sono svariate decine le edizioni discografiche delle sue composizioni (una lista presente sul sito curato da David Pinkerton http://www.arvopart.org arriva ad elencare 326 CD contenenti suoi lavori), e sono numerose anche le esecuzioni pubbliche. Ma il rapporto con la ECM rimane privilegiato: i dieci titoli finora in catalogo sono stati tutti realizzati in stretta collaborazione con il compositore, e contengono buona parte dei lavori realizzati da Pärt negli ultimi vent'anni, spesso come prime incisioni assolute. Questo per via dell'attenzione e del rispetto che la ECM ha sempre dimostrato verso i musicisti da essa prodotti, senza dimenticare la cura quasi maniacale che Eicher e i suoi ingegneri del suono hanno sempre dedicato agli aspetti più tecnici delle registrazioni sonore. In conseguenza di ciò, quelle realizzate dalla ECM sono vere edizioni di riferimento per le composizioni di Pärt incise su disco.
Biografia
Arvo Pärt nasce a Paive, in Estonia, nel 1935. Compie i suoi studi musicali presso il conservatorio di Tallinn, lavorando allo stesso tempo presso la radio estone. Le sue prime composizioni, dopo alcuni lavori studenteschi influenzati dal neoclassicismo russo, sono improntate alla serialità: 'Nekrolog', del 1959-60, è il primo lavoro in Estonia a fare uso delle tecniche dodecafoniche. Nel decennio successivo, Pärt continua a scrivere opere seriali e aleatorie, sperimentando allo stesso tempo una tecnica di collage consistente nel sovrapporre citazioni letterali di opere classiche (soprattutto Bach) alle strutture seriali delle sue composizioni. A questo periodo appartengono le prime due Sinfonie, e il 'Credo' (1968) per piano, coro misto e orchestra, in cui sovrappone a frammenti dodecafonici il preludio in Do maggiore di Bach, in una sintesi di avanguardia e classicismo, ordine e disordine, emblematica delle proprie tensioni e contraddizioni. L'opera viene osteggiata dalle autorità sovietiche, come molte altre di questo periodo, a causa sia del contenuto religioso (sempre malvisto da uno Stato dichiaratamente ateo) che del ricorso alla dodecafonia (considerata esempio della decadenza occidentale). Pärt si impone una pausa di studio e riflessione; per alcuni anni non compone più, ma si dedica all'approfondimento della musica polifonica medioevale e rinascimentale, e in particolare del canto Gregoriano, alla ricerca, anche spirituale, di una purezza ed essenzialità a lungo trascurate. Assimila così l'opera e le tecniche di autori quali Machaut, Ockeghem, Obrecht e Josquin, gettando le basi per quello che sarà d'ora in avanti il suo approccio alla composizione. Un'anticipazione di questo nuovo corso si ha con la Sinfonia n. 3 del 1971, unico lavoro da lui composto in quel periodo, completamente diversa da tutte le sue opere precedenti, e preludio a quelle che verranno.
Bisogna aspettare il 1976 per il suo vero ritorno alla composizione: l'opera che interrompe il lungo silenzio è una brevissima partitura per pianoforte di appena due minuti, 'Für Alina'. È il primo esempio del nuovo stile compositivo di Pärt, da lui definito "tintinnabuli", dalla parola latina per le campane e il loro suono. Si tratta semplicemente dell'effetto ottenuto dalle inversioni della triade, il mattone fondamentale dell'armonia classica, e dai sovratoni che si vengono a creare nell'accordo sostenuto a lungo. Nella sua semplicità, il brano contiene già tutti gli elementi che caratterizzeranno d'ora in avanti le composizioni di Pärt: note ampiamente distanziate, intervalli aperti, uso di pedale, armonia tonale. E una grande essenzialità nell'uso delle note, ridotte allo stretto indispensabile. In questo, la musica di Pärt può definirsi minimale, nel senso di ottenere il massimo effetto ricorrendo al minimo di elementi. Ma pur condividendo questa e altre tecniche compositive (ripetizione, cambiamento graduale, accordi sostenuti, uso delle pause) con la scuola dei cosiddetti minimalisti, la sua musica se ne distingue nettamente.
Seguono poi numerose altre opere, per voci, orchestra, piccoli gruppi cameristici, quasi sempre di ispirazione religiosa. Nel 1980 Pärt ottiene dalle autorità sovietiche il permesso di abbandonare l'Estonia per stabilirsi in Israele con la moglie (di origine ebrea) e i due figli; ma dopo un anno e mezzo trascorso a Vienna è a Berlino Ovest che fissa definitivamente la propria dimora. Successivamente, l'incontro con Manfred Eicher e la pubblicazione del primo disco fuori dalla Russia lo fanno conoscere e apprezzare dal mondo intero, consacrandolo tra i più grandi musicisti contemporanei.